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Lavoratori in trasferta e computo delle ore viaggio

Rispondendo a un’istanza di interpello il Ministero del Lavoro torna sulla tematica dell’orario di lavoro fornendo chiarimenti sulle ore di viaggio e sull’attività svolta in trasferta.

Rispondendo a un’istanza di interpello il Ministero del Lavoro torna sulla tematica dell’orario di lavoro fornendo chiarimenti sulle ore di viaggio e sull’attività svolta in trasferta.

È vero che la nuova formulazione dell’orario di lavoro contenuta nel D.Lgs. 66/2009 porta ad una estensione del concetto di orario di lavoro ma permane la problematica della computabilità del tempo di viaggio per trasferta nell’attività lavorativa poiché l’art. 8 del menzionato decreto legislativo ha comunque confermato l’esclusione dall’orario di lavoro del tempo impiegato per recarsi al lavoro, così come previsto all’art. 5, stabilendo che tale periodo di tempo non è retribuibile e non può essere computato nell’orario di lavoro.

Il tempo impiegato dal lavoratore per raggiungere la sede di lavoro quando comandato in trasferta non costituisce esplicazione dell’attività lavorativa ed il disagio che deriva al lavoratore è assorbito dall’indennità di trasferta che ha natura retributiva e risarcitoria.

Che il tempo di viaggio in occasione della trasferta non rientri nell’esplicazione dell’attività lavorativa, evidenziando che il disagio psico-fisico e materiale del lavoratore possa essere compensato dall’indennità di trasferta, è stato più volte sottolineato.

Anche recentemente la Cassazione ha affermato che “salvo diverse previsioni contrattuali, il tempo impiegato giornalmente per raggiungere la sede di lavoro durante il periodo della trasferta non può considerarsi come impiegato nell’esplicazione dell’attività lavorativa vera e propria, non facendo parte dell’orario di lavoro effettivo, e non si somma quindi al normale orario di lavoro”.

La stessa sentenza ha precisato che il tempo impiegato per raggiungere il posto di lavoro solo se funzionale rispetto alla prestazione rientra nell’attività lavorativa vera e propria e tale requisito sussiste anche quando il lavoratore, obbligato a presentarsi presso la sede dell’impresa, sia poi inviato, di volta in volta, in diverse località per svolgere la propria prestazione lavorativa.

È la conferma di quanto già disposto dal dettato legislativo ovvero che, in caso di trasferta, le relative ore di viaggio non possono essere computate nell’orario di lavoro e il trattamento economico che ne deriva non può che essere di natura indennitaria, nei limiti di quanto disposto dall’art. 51, comma 5, del TUIR.