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L’ ssenza dal lavoro per carcerazione non giustifica il licenziamento

La Cassazione con sentenza del 1 giugno ha ribadito che "la carcerazione preventiva o esecutiva per fatti estranei allo svolgimento del rapporto di lavoro non costituisce inadempimento degli obblighi contrattuali, ma è un fatto oggettivo che determina la sopravvenuta temporanea impossibilità della prestazione lavorativa".

Quindi l’impossibilità della prestazione lavorativa dovuta a carcerazione determina l’illegittimità del licenziamento e del diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e conduce alla negazione del diritto alla retribuzione, che presuppone non solo la cessazione dello stato di detenzione bensì la formale offerta da parte del lavoratore, della prestazione.

L'interesse del datore a ricevere le ulteriori prestazioni del lavoratore detenuto deve essere valutata alla stregua di criteri oggettivi stabiliti dall’art. 3 della legge 15 luglio 1966 n. 604, costituiti dalle esigenze oggettive dell’impresa, che devono essere valutate tenendo conto delle dimensioni della stessa, del tipo di organizzazione tecnico-produttiva, della natura ed importanza delle mansioni del lavoratore detenuto, nonché del maturato periodo di assenza, della prevedibile durata della carcerazione, della possibilità di affidare temporaneamente ad altri le sue mansioni senza necessità di nuove assunzioni, e, in più in generale, di ogni altra circostanza rilevante ai fini della determinazione della misura della tollerabilità dell’assenza.

Cassazione, Sentenza 1/6/2009, n. 12271