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Incidenti e malattie professionali: quando il pericolo e' la rassegnazione

Incidenti e malattie professionali: quando il pericolo è la rassegnazione
rischio 1 aprile 2009. "Farsi male? Cose che capitano": spesso è questo l'approccio che hanno i lavoratori di fronte al rischio infortunistico. Una ricerca promossa da Regione Liguria e INAIL lancia l'allarme: perché la difesa della sicurezza si gioca anche sul terreno culturale

GENOVA - "Farsi male? Capita: è un evento da mettere in conto". Ovvero: la "banalità" - anzi, verrebbe quasi da dire, "la normalità" - del rischio infortunistico. Sono questi i tratti che sembrano caratterizzare la percezione che lavoratori e mondo del lavoro hanno nei confronti della possibilità di essere vittime di incidenti e malattie professionali. Almeno secondo i risultati di una recente ricerca promossa dalla Regione Liguria insieme alla direzione regionale dell'INAIL e realizzata dal dipartimento di Scienze antropologiche della facoltà di Scienze della formazione, Università di Genova. Lo studio - presentato oggi e dal titolo "Infortuni sul lavoro e malattie professionali: cosa ne pensano i lavoratori?" - è stato condotto sulla base delle valutazioni espresse da un campione di 530 intervistati (439 lavoratori, sessanta tra sindacalisti, ispettori, operatori sanitari e rappresentanti per la sicurezza e trenta imprenditori).

Fatalismo e rassegnazione. Lo scenario emerso, secondo Salvatore Palidda, responsabile scientifico del progetto, è per certi aspetti inaspettato e rivela un approccio alla materia all'insegna di un forte grado di fatalismo e di rassegnazione. "E' normale che molte norme di sicurezza vengano dimenticate", afferma, così, un intervistato. Molto pericolosa e diffusa, inoltre, è l'idea del "tanto a me non succede...", spesso connessa a quella "dell'abitudine di avere tanta, troppa confidenza con le macchine". "Mentre alcuni affermano che rischiano in particolare ‘le persone più esperte che si fidano troppo degli attrezzi e sono troppo sicure di sé', altri pensano che i più a rischio sono i giovani senza ‘cultura del lavoro e della sicurezza' o ‘che non hanno dormito o hanno consumano sostanze'", continua Palidda. "E, sempre, i più a rischio sono i lavoratori senza formazione: in particolare gli immigrati".

Le conseguenze della competitività. Ancora: molte risposte evidenziano come i rischi odierni siano dovuti soprattutto "alle conseguenze dello sviluppo economico che si è imposto in questi ultimi due decenni". "E' una specie di piccola guerra e i campi di battaglia sono i tempi di lavoro, i costi e le spese...", sostiene un capocantiere edile. "Per poter lavorare e trovare lavoro bisogna essere competitivi". "La fretta, la premura sono le cause e non vanno d'accordo con la sicurezza", dice un operaio del porto. "Se stai attento, lavori troppo piano".

"I più a rischio? Gli stranieri". Le persone più a rischio? "L'extracomunitario che non vuole stare fermo, non può permettersi di stare a casa e, cascasse il mondo, va a lavorare", risponde un metalmeccanico. "Oltre a dover mantenere una famiglia, vengono pagati pochissimo rispetto a noi italiani e cercano quindi di lavorare il triplo solo per guadagnare lo stesso nostro stipendio". Gli fa eco un'operaia: "I neo-assunti e gli interinali sono più a rischio di infortuni, per non parlare degli stranieri e dei lavoratori in nero, perché più ricattabili". Gli stranieri non in regola, quindi, hanno più paura di rimanere senza lavoro e quindi accettano qualsiasi condizione imposta dal loro "capo".

"Colpiti anche i più tutelati". Non solo: le conseguenze dei cambiamenti nel lavoro "sono anche pervasive e colpiscono anche i lavoratori più tutelati". "Come denunciano i lavoratori di grandi aziende, le lavorazioni tendono sempre più a sovrapporsi, spesso si deve lavorare a fianco dei lavoratori delle imprese subappaltatrici, costretti a ignorare le norme di sicurezza", continua Palidda. "Allora il rischio di infortuni e malattie professionali finisce per estendersi su tutti i lavoratori, erodendone complessivamente i diritti".

L'indebolimento del potere contrattuale. Infine, cresce la sensazione d'impotenza, derivata dall'indebolimento del potere contrattuale. È lo sviluppo economico "a imporre aumento della produttività, flessibilità, competizione, precarizzazione, ricatti e anche lavoro nero, a discapito della sicurezza", denuncia Palidda. E un metalmeccanico mette sul tavolo "un grandissimo problema: l'incomunicabilità. Non esiste più una coesione tra gli operai... Oggi siamo milioni di ditte differenti e la coesione è praticamente inesistente. Il lavoratore che non dispone di risorse e capacità di agire per la sua tutela non può che constatare la sua impotenza".

L'INAIL: "Rompere il muro dello scetticismo". "Interrogarsi sulle cause e sugli atteggiamenti mentali che conducono al verificarsi di un infortunio, e in qualche caso alla morte, ha costituito un'occasione preziosa di riflessione per quanti, appartengono a strutture, come l'INAIL e la Regione, deputate a diffondere, promuovere, difendere e proteggere la vita dei lavoratori", sottolinea la direzione INAIL della Liguria. "L'aver promosso una simile ricerca è espressione della volontà di rompere il muro della diffidenza nei confronti di quelle istituzioni - considerate da molti lontane e indifferenti alle persone e alle loro storie -, nella convinzione che la partita contro gli infortuni sul lavoro si gioca sul terreno culturale ancor più che su quello normativo o repressivo".

Lo studio compiuto, quindi, rappresenta un concreto tentativo di "rompere il muro della rassegnazione e dello scetticismo su una condizione, quella lavorativa, cui il concetto di rischio e di probabilità di incidente è visto come connaturato". Secondo la direzione regionale INAIL, dunque, "far parlare i protagonisti, narrare i loro racconti di vita rappresenta la via più sicura per superare la tradizionale rassegnazione o, peggio, il formale adempimento delle norme". I dati e le informazioni raccolte, quindi, costituiscono un punto di riferimento per ripartire verso la progettazione di "strategie efficaci e politiche di prevenzione, informazione e comunicazione, espressione di una reale capacità di governo locale".