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I contratti individuali di lavoro dei lavoratori delle imprese estere che lavorano in italia

Uno dei problemi principali dei contratti d’appalto con imprese comunitarie in Italia è rappresentato dalla disciplina contrattuale da osservare nei confronti dei lavoratori occupati dalle imprese estere. Prendiamo ad esempio il lavoratore dipendente da una ditta slovena che viene distaccato in Italia per l’esecuzione di un’opera o servizio. Senza dubbio sarà il contratto individuale di lavoro stipulato in Slovenia a disciplinare il rapporto, ma alcune clausole (esempio orario di lavoro) dovranno uniformarsi alla normativa della legislazione sociale italiana nell’ipotesi di appalto da eseguirsi in Italia. Questi distacchi poi, in un momento di crisi, potrebbero essere osteggiati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori (che si sono già inserite nella disciplina degli appalti con ditte extracomunitarie). Il recente caso registrato in Inghilterra dove il Governo è intervenuto presso un’impresa locale che aveva affidato in appalto opere ad un’impresa italiana è un caso che dimostra la necessità di tener conto anche di questi possibili risvolti in aggiunta alla disciplina del caso. Il caso dell’Inghilterra Nel mese di febbraio 2009 si è registrato in Inghilterra uno sciopero di protesta di lavoratori inglesi contro l’utilizzo di lavoratori italiani specializzati inviati nel Lincolnshire in esecuzione di un contratto d’appalto fra la Total e l’azienda italiana IREM, che aveva vinto una gara d’appalto per la costruzione di un nuovo impianto ad alta tecnologia in una raffineria della Total. Per l’esame del caso sono mancate da parte della stampa notizie più precise sul contratto d’appalto e sui contratti individuali di lavoro, che si presume però siano stati attivati conformemente alle leggi comunitarie. Il fatto è rilevante perchè, a prescindere dalla regolarità normativa, dimostra che, in questi casi, è sempre possibile l’insorgere di problemi sindacali da risolvere con interventi politici. L’osservanza del CCNL Sull’osservanza dei contratti collettivi di lavoro in vigore in Italia nei confronti di lavoratori occupati nel territorio nazionale da ditte estere si deve far riferimento al contratto individuale di lavoro, tenendo comunque conto dell’indirizzo giurisprudenziale formatosi sul tema e che si riporta. Questo vale anche per il lavoratore comunitario occupato da una ditta estera in Italia. I contratti collettivi di lavoro, come noto, sono degli accordi stipulati tra le associazioni sindacali dei datori di lavoro e quelle dei lavoratori dipendenti che disciplinano la parte normativa e retributiva di una determinata categoria o di un determinato settore produttivo. Nei nostri casi le parti, di norma, stipulano per iscritto un contratto individuale di lavoro che non dovrebbe contenere norme peggiorative, ma solamente migliorative rispetto al contratto collettivo nazionale di lavoro. Ci si pone il problema se, nei confronti dei lavoratori occupati da imprese comunitarie per l’esecuzione in Italia di un’opera o servizio, debba essere o meno osservata la normativa contrattuale prevista in Italia, normativa che potrebbe essere più favorevole per il lavoratore. Sul tema andranno distinte le problematiche di ordine pubblico (vedi legislazione sociale italiana) da quelle di diritto privato. In buona sostanza sul tema dell’estensione del CCNL si è formata una giurisprudenza in parte favorevole ed in parte non favorevole che si riporta di seguito. Pur trattandosi, nei casi sottoriportati, di lavoratori italiani all’estero tale giurisprudenza rappresenta un punto di riferimento anche nel caso di lavoratori dipendenti di imprese comunitarie che lavorano in Italia. Giurisprudenza favorevole all’estensione del CCNL: 1. In mancanza di una diversa volontà delle parti contraenti, i contratti collettivi di lavoro sono applicabili anche alle prestazioni lavorative svolte fuori del territorio nazionale. (Cass. civ. Sez. lavoro, 25-02-1988, n. 2029 - Cilauro c. Banca naz. lav.) FONTI
Foro It., 1988, I, 1544
Riv. It. Dir. Lav., 1988, II, 1088
Giur. It., 1988, I, 1, 1744 nota di BERRUTI
Notiz. Giur. Lav., 1988, 125
Orient. Giur. Lav., 1988, 486
Mass. Giur. Lav., 1988, 253
Dir. Lav., 1988, II, 134 2. Ove la contrattazione collettiva di diritto comune non limiti espressamente la propria efficacia al territorio nazionale, si applicano al lavoratore italiano trasferito all'estero gli istituti contrattuali che siano indifferenti alla situazione socio-economica del paese ospitante. (Cass. civ. Sez. lavoro, 05-09-1988, n. 5021 - D'Adamo c. Soc. impr. Guffanti) FONTI
Foro It., 1989, I, 787
Mass. Giur. Lav., 1988, 639
Dir. Lav., 1989, II, 69
Mass. Giur. Lav., 1989, 328 nota di MASSART
Orient. Giur. Lav., 1989, 84 preleggi art. 25
preleggi art. 31
c.c. art. 2069
c.c. art. 2077
c.c. art. 2103
L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 16
L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 20 L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 22
L. 3 aprile 1926, n. 563, art. 10
L. 3 aprile 1926, n. 563, art. 5 3. L'ambito territoriale di efficacia del contratto collettivo di lavoro non è necessariamente e neppure presuntivamente limitato al territorio nazionale, ma va accertato in base ad un’interpretazione delle singole clausole contrattuali, diretta a stabilire quali siano neutre rispetto al luogo della prestazione. (Fattispecie relativa a lavoratore dipendente delle Ferrovie dello Stato, che aveva lavorato all'estero nell'ambito di un programma di collaborazione con i paesi in via di sviluppo: la S.C. ha annullato la sentenza impugnata, che, anche a seguito dell'entrata in vigore del contratto collettivo 23 giugno 1988 e alla conseguente applicabilità dell'art. 2103 c.c. - ed omettendo la necessaria interpretazione del contratto - aveva escluso che lo svolgimento all'estero di mansioni di una superiore categoria contrattuale potesse attribuire il diritto al relativo inquadramento, senza neanche prendere in esame l'impegno della datrice di lavoro di volere "riconoscere..le effettive mansioni svolte" in simili circostanze). (Cass. civ. Sez. lavoro, 03-10-1996, n. 8668 - Lavia c. Ferr. Stato) FONTI
Mass. Giur. It., 1996 c.c. art. 2069
c.c. art. 2070 Giurisprudenza non favorevole all’estensione del CCNL: 1. I contratti collettivi di lavoro, che si ispirano funzionalmente ad intenti di uniformità di trattamento giuridico ed economico dei lavoratori spiegano la loro efficacia, di regola, all'interno del territorio nazionale, e non sono, quindi, applicabili ad attività lavorative svolte al di fuori dei confini del nostro stato (salva diversa, esplicita volontà delle parti contraenti), non sussistendo sui mercati esteri le condizioni economico-sociali, proprie delle imprese che operano nel nostro territorio, da una parte, e dei lavoratori, dall'altra, in vista delle quali gli stessi contratti determinano quel trattamento. (Cass. civ., 18-02-1983, n. 1240 - Soc. Ferretti c. Scarlatti) FONTI
Notiz. Giur. Lav., 1983, 125
Giust. Civ., 1983, I, 3356
Foro It., 1984, I, 258 nota di PEZZANO
Mass. Giur. Lav., 1983, 105 2. Le prestazioni lavorative svolte all'estero da un lavoratore italiano alle dipendenze di un datore di lavoro nazionale - nel regime anteriore alla l. n. 398 del 1987 (sul lavoro italiano all'estero) - sono disciplinate, secondo il disposto dell'art. 25 preleggi , dalla legge nazionale dei contraenti, se comune, od in mancanza dalla legge del luogo di conclusione del contratto di lavoro, salva in ogni caso la diversa volontà delle parti ed il rispetto dei limiti derivanti dall'ordine pubblico, richiamati dall'art. 31 preleggi , sicché deve escludersi che - ove non risulti una diversa esplicita volontà delle parti contraenti - divenga automaticamente ed integralmente inapplicabile la normativa dettata dal contratto collettivo regolante il rapporto in Italia, il cui ambito territoriale di efficacia non è necessariamente, né presuntivamente, limitato al territorio nazionale; in tale ipotesi, peraltro, la destinazione all'estero del dipendente, pur non interrompendo o sospendendo il rapporto di lavoro, può comportare in relazione alle modalità della prestazione ed alle condizioni economico-sociali, nonché all'ordinamento del paese ospitante, un adeguamento della regolamentazione del rapporto stesso con la conseguenza che occorre procedere all'interpretazione della normativa contrattuale, istituto per istituto, al fine di stabilire quali clausole, essendo indifferenti rispetto al luogo della prestazione, trovano comunque applicazione e quali, invece, supponendo determinate condizioni di lavoro, non possano ritenersi volute e, quindi, applicabili in relazione ad attività da svolgersi all'estero od in paesi che tali condizioni non consentano (nella specie, la suprema corte ha cassato la pronuncia del giudice del merito che, sul presupposto della territorialità del contratto collettivo, aveva respinto, tra l'altro, la domanda proposta da un lavoratore italiano all'estero, dipendente da un'impresa di costruzioni edili, per il riconoscimento della tredicesima mensilità, delle indennità di cassa e di diploma, nonché del compenso per il lavoro espletato oltre l'orario normale legale). (Cass. civ. Sez. lavoro, 05-09-1988, n. 5021 - D'Adamo c. Soc. impr. Guffanti) FONTI
Notiz. Giur. Lav., 1988, 615
Giust. Civ., 1988, I, 2500
Foro It., 1989, I, 787 preleggi art. 25
preleggi art. 31
L. 3 ottobre 1987, n. 398 3. I contratti collettivi di lavoro, in quanto funzionalmente ispirati ad intenti di uniformità di trattamento giuridico ed economico dei lavoratori, spiegano la loro efficacia, di regola, all'interno del territorio nazionale e non sono, quindi, applicabili ad attività lavorative svolte al di fuori dei confini dello stato (salva diversa, esplicita volontà dei contraenti), attesa la insussistenza sui mercati esteri delle condizioni economico-sociali proprie delle imprese che operano nel nostro territorio, da una parte, e dei lavoratori, dall'altra, in vista delle quali gli stessi contratti determinano quel trattamento, salvo l'accertamento del giudice del merito (incensurabile in sede di legittimità, se correttamente motivato) circa la sussistenza di una pattuizione individuale nel senso dell'applicabilità di un contratto collettivo ad un rapporto di lavoro svoltosi all'estero. (Cass. civ. Sez. lavoro, 06-09-1988, n. 5058 - Soc. Alitalia c. Iannelli) FONTI
Notiz. Giur. Lav., 1988, 615
Foro It., 1989, I, 787
Orient. Giur. Lav., 1988, 923
Impresa, 1988, 3241 Claudio Milocco (Consulente del Lavoro)