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La cessione di immobil

Con la sentenza n. 7479 del 25 marzo 2013, la Corte di cassazione ha accolto, con rinvio, il ricorso presentato da un erede legittimario avverso la decisione con cui i giudici di merito avevano rigettato l’azione promossa dallo stesso al fine di accertare la dissimulazione dell’atto, ritenuto di donazione, con cui il de cuius, il padre, aveva ceduto il proprio unico cespite immobiliare all’altro figlio per remunerare un vitalizio alimentare; conseguentemente, l’uomo aveva chiesto la riduzione della donazione stessa in modo da ricostituire la quota lui spettante quale legittimario.

I giudici di merito, in particolare, avevano escluso che il suddetto contratto dissimulasse una donazione o anche in “negotium mixtum cun donatione” valorizzando la circostanza che, come emerso in sede istruttoria, i beneficiari avevano garantito alloggio ed assistenza al de cuius anche durante i periodi di degenza ospedaliera; tali circostanze, quindi, erano state considerate alla stregua di indici rivelatori della insussistenza della simulazione.

Tuttavia – a detta della Suprema corte – non era stata considerata nella valutazione di merito la eventuale sproporzione tra le prestazioni oggetto dei rispettivi obblighi assunti dalle parti. Era stata omessa, infatti, una apprezzabile oggettiva valutazione dell’immobile con riferimento all’epoca di conclusione del contratto.

Non solo. Per la Cassazione, l'aleatorietà, che costituisce l'elemento essenziale del contratto di vitalizio, “deve essere accertata al momento della conclusione del contratto stesso, il quale è caratterizzato dalla incertezza obiettiva iniziale in ordine alla durata della vita del vitaliziato e della correlativa eguale incertezza in relazione al rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dal vitaliziante in relazione alle esigenze esistenziali del vitaliziato ed il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo del vitalizio”.