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Riforma lavoro, molte modifiche recepite, ma restano ancora criticità

Le variazioni apportate al ddl sulla riforma del lavoro e contenute negli emendamenti in discussione questa settimana, rappresentano un primo importante segnale di recepimento delle istanze dei Consulenti del lavoro, ma le criticità contenute nel testo restano ancora alte.

In particolare siamo perplessi per il proliferare degli adempimenti burocratici a discapito della semplificazione annunciata, ma non attuata. Prevediamo anche un aumento del contenzioso, proprio nel momento in cui tutti concordano sulla necessità di ridurre tempi dei giudizi e numeri delle cause di lavoro.

Per la riforma del lavoro si tratta della settimana decisiva. E’ iniziato ieri, infatti, il voto dei 43 emendamenti depositati il 10 maggio al Senato.

Le principali novità ancora in cantiere riguardano contratti a tempo determinato, apprendistato, partite iva, lavoro a chiamata, con il recepimento di numerose modifiche esposte dalla Presidente Calderone durante l’audizione in Senato del 17 aprile scorso, contenute nel documento relativo e specificate e motivate tecnicamente dalla Fondazione studi nelle 5 circolari emanate.

Nel complesso i Consulenti del lavoro rilevano l’inesistenza nel ddl della base per la creazione di nuovi posti di lavoro, anzi una penalizzazione per i lavoratori più deboli, un aggravio degli oneri per i datori di lavoro, una semplicistica stretta su molti contratti atipici che in questi ultimi anni hanno consentito, invece, l’emersione dal lavoro nero.



Le modifiche nel dettaglio:

Contratto a termine: primo contratto ampliato

La stipula del primo contratto a tempo determinato senza indicare le motivazioni passa da 6 mesi a 12, mentre le pause (per la riassunzione) tra un contratto e l'altro di 60 e 90 giorni, ampiamente contestate con la circolare n. 7/12 della Fondazione Studi, si riducono a 20 e 30 giorni in ipotesi di previsione contrattuale specifica, quale ad esempio l'avvio di nuova attività, il lancio di un prodotto o di un servizio, l'implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico, ecc. in assenza dei contratti collettivi interverrà il Ministero individuando specifiche condizioni.

Apprendistato: esoneri per piccoli datori

Gli esoneri per i datori di lavoro che occupano meno di 10 lavoratori contenute negli emendamenti, sono positive, ma le misure sono ancora insufficienti per lo sviluppo dell'apprendistato, pongono alti vincoli, tali da scoraggiare l'avvio del rapporto di lavoro con questo contratto individuato, invece, da tutti come il principale contratto d'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Con la previsione di limiti numerici all'assunzione di apprendisti 3 a 2 (rideterminata nel rapporto 1 a 1 per i datori minori), della durata minima di 6 mesi e dell'assunzione subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato (almeno del 50% escludendo i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa), si introduce un ingiustificato limite di accesso al contratto di apprendistato che si pone in contraddizione con la finalità della riforma. La nuova previsione prevede l'esonero del vincolo della stabilizzazione per i datori che occupano meno di 10 dipendenti. L'esistenza di un limite numerico rispetto alle maestranze specializzate già assicura un contenimento di eventuali abusi e l'introduzione di questo ulteriore limite rischia, penalizzando l'azienda, di non consentire l'ingresso nel mondo del lavoro da parte dei giovani (vedi circolare Fondazione Studi n. 7/12).

Partite Iva, per sapere se sono false i parametri aumentano

Su questo specifico argomento, molto dibattuto, la Fondazione Studi è intervenuta con la circolare n. 6/12 dettagliando le criticità dei motivi posti alla base del ddl. Oggi gli emendamenti prevedono alcuni ritocchi ai presupposti per considerare non genuine le posizioni di alcuni soggetti titolari di Partita Iva.

Sono ritocchi che tengono conto anche delle osservazioni dei consulenti del lavoro: durata 8 mesi (prima erano 6), 80% dei corrispettivi (prima 75%), postazione fissa (prima non specificata).

La presunzione, inoltre, non opera:

- se l'attività è connotata da competenze teoriche di grado elevato o da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell'esercizio concreto di attività,

- è svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 18.663 euro,

- con riferimento alle prestazioni lavorative svolte nell'esercizio di attività professionali per le quali l'ordinamento richiede l'iscrizione ad un ordine professionale, o ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi e detta specifici requisiti e condizioni (le attività saranno definite da un decreto del Ministero del lavoro).

Restano le perplessità già sollevate dai consulenti del lavoro: per i professionisti iscritti all'ordine c'è il rischio che, svolgendo attività non riservate o per le quali non sia previsto un regime di esclusiva, possano vedersi convertire la consulenza in lavoro dipendente a tempo indeterminato fin dall'inizio della collaborazione, con ricadute anche sugli aspetti previdenziali e squilibri per le Casse di previdenza.

Lavoro intermittente: nuovi soggetti e riduzione sanzioni

È da valutare positivamente la riammissione (seppur con importanti modifiche sull'età del soggetti) della possibilità di stipulare il lavoro a chiamata, con soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti con meno di 24 anni di età, fermo restando lo svolgimento delle prestazioni contrattuali entro il 25 anno di età. La norma attualmente in vigore prevede la possibilità di sottoscrivere il contratto a chiamata con soggetti under 25 e over 45, il ddl di riforma stabiliva l'abrogazione di queste due ipotesi (oltre a quella delle prestazioni da rendersi il fine settimana, nonché nei periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali). L'introduzione dell'obbligo di comunicazione preventiva alla Dpl prima di ciascuna prestazione, nell'ambito di un rapporto di lavoro già costituito con regolare Unilav, comporterà un aggravio di costi per i datori (comprese le difficoltà di effettuare le comunicazioni per i datori già impegnati con le ordinarie attività aziendali e quelle nei giorni festivi se delegate agli studi), ed un rischio sanzione talmente alto da scoraggiare l'avvio del contratto. A nulla servirà la nuova previsione della comunicazione tramite sms (oltre a fax e pec), anche per l'assenza di una reale prova dell'invio, dell'arrivo e della difficile conservazione dell'sms. La riduzione della sanzione da 6 mila a 2.400, contenuta negli emendamenti, può essere considerata un passo avanti che tiene conto delle dettagliate osservazioni dei consulenti del lavoro (circolare n. 7/12), ma non appare ancora coerente con la centralità delle comunicazioni che riguardano il rapporto di lavoro (Unilav). Resta, infatti, una misura sanzionatoria sproporzionata, rispetto alla più complessa e delicata comunicazione di assunzione anticipata che è posta alla base del contrasto del lavoro irregolare.

Lavoro accessorio: meno restrizioni per i soggetti, ma più vincoli sui buoni

L'impatto della norma, proprio perché riferito a una fattispecie lavorativa del tutto residuale, sarà comunque ininfluente in termini di ricadute occupazionali significative (vedi circolare n. 7/12). Ma prendiamo atto che le restrizioni contenute nel ddl, oggi sembrano meno gravose essendo prevista l'eliminazione dell'esclusione dei buoni lavoro per commercianti e professionisti, seppur con l'imposizione di un nuovo limite di compensi pari a 2 mila euro per ciascun committente. Una stretta arriva per il lavoro in agricoltura: possibili i voucher solo per soggetti non iscritti agli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.Si dovrà ora trattare, inoltre, di voucher orari, numerati progressivamente e datati, con la previsione di un decreto che stabilisca, altresì, modalità di riscontro temporale dell'utilizzo della prestazione retribuita con il buono.



Molte altre nuove modifiche al ddl

Gli emendamenti prevedono nuove modifiche anche alla normativa sui licenziamenti, all’associazione in partecipazione, al lavoro a progetto, ai tirocini formativi, all’Aspi e confermano a regime la decontribuzione sui contratti di secondo livello, avviata fino ad oggi in forma sperimentale. Da rilevare, invece, la mancata reintroduzione del contratto d’inserimento. Così donne, giovani, disoccupati, lavoratori diversamente abili saranno i primi soggetti penalizzati dall’abolizione del contratto che ha avuto finora proprio l’obiettivo di inserire/reinserire alcune fasce di soggetti svantaggiati.