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Frode fiscale. beni confiscabili anche se l’imprenditore non ne e` titolare

Con la sentenza n. 11121 del 21 marzo 2011, la Corte di Cassazione sancisce un importante principio di diritto su un caso di frode fiscale commessa da due aziende italiane detenute prevalentemente da società lussemburghesi.

In particolare, la frode era stata commessa dai titolari delle società italiane che di fatto avevano la disponibilità economica dei patrimoni aziendali, ma non la titolarità. Gli imprenditori, accusati di associazione a delinquere per frode fiscale, hanno presentato ricorso in Cassazione adducendo come motivazione il fatto che le loro quote societarie, sottoposte a misura restrittiva, non fossero di loro proprietà.

La Suprema Corte non ha tenuto conto dell’impianto difensivo, sostenendo che “la disponibilità del bene individua una situazione di fatto che è considerata dalla legge come condizione adeguata per l'applicazione del provvedimento che non tollera intralci di schermi formali. La coesistenza di una situazione di disponibilità di un bene in capo al soggetto o ai soggetti imputati, e di titolo proprietario in capo a soggetti terzi non imputati, trova nella legge un asse regolativo che privilegia la relazione di fatto rispetto alla relazione meramente cartolare o documentale”.

Pertanto, il sequestro preventivo di cui era stata richiesta la revoca, trova applicazione e giustificazione nel combinato disposto degli articoli 322-ter e 321 del Codice di procedure penale. La confisca per equivalente può essere utilizzata come congrua misura di ragionevolezza nell'impiego di criteri di interpretazione dei fatti acquisiti nel processo, risultando sganciata dall’esistenza di un titolo di proprietà dell’imputato sul bene oggetto di confisca.