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Studi di settore. la concorrenza erode i margini reddituali

Una società attiva nel settore del commercio al dettaglio ricorre contro un avviso di accertamento spiccato dall’agenzia delle Entrate, con il quale sono stati accertati maggiori ricavi per differenze di magazzino e per oneri sostenuti per il personale impiegato.

La società ha sostenuto a propria difesa la particolare difficoltà che attraversavano i piccoli supermercati di sua proprietà, soggetti ad una contrazione dei ricavi a causa della concorrenza dei grandi ipermercati; inoltre, per far fronte a queste difficoltà, la stessa si era avvalsa di soci e familiari che avevano prestato la loro attività senza essere remunerati.

In primo grado il ricorso è stato accolto, ma l’Amministrazione finanziaria è ricorsa dinanzi alla Ctr.

La Commissione tributaria regionale di Bari, sezione XXII, con la sentenza n. 193 del 9 settembre 2011, affronta il caso della contrazione dei ricavi delle piccole unità commerciali a causa delle presenza di ipermercati e sostiene la tesi della Commissione provinciale, secondo cui i piccoli centri sono soggetti ad una riduzione dei loro margini reddituali, che rende prive di significato le eventuali elaborazioni statistiche. Dunque, se l’accertamento si fonda sugli studi di settore, non si può prescindere dal considerare le particolari circostanze in cui l’azienda opera e le eventuali ripercussioni che queste possono avere sui ricavi.

Gli studi di settore devono essere considerati come un parametro di calcolo della redditività dell’impresa, ma una volta accertato lo scostamento dei ricavi dichiarati rispetto a quelli attribuibili al contribuente, l’Amministrazione finanziaria deve avvalersi delle dovute presunzioni per dimostrare gli scostamenti. Poi, anche l’utilizzo di personale occupato in azienda senza compenso non può da solo essere considerato prova di ricavi in aumento per l’azienda.

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