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Il tradimento legittima il coniuge al risarcimento dei danni


La Corte di cassazione, con la sentenza n. 18853 del 15 settembre 2011, ha accolto il ricorso presentato da una donna avverso la decisione con cui i giudici di merito avevano rigettato la domanda di risarcimento dalla stessa avanzata relativamente al danno subito in conseguenza del fatto che il marito aveva violato i doveri nascenti dal matrimonio e, in particolare, l'obbligo della fedeltà.

Con il ricorso la donna lamentava la violazione o falsa applicazione di norme di diritto deducendo che i giudici di merito avrebbero errato nel ritenere non risarcibile il danno ove non vi fosse, come nella specie, una pronuncia di addebito in sede di separazione. Era cioè errato ritenere che l'abbandono della domanda di addebito presupponesse la volontà, da parte dei coniugi, di non accertare la causa della crisi coniugale.

Tale doglianza è stata condivisa dalla Corte di legittimità secondo cui la violazione del dovere di fedeltà non trova necessariamente la propria sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quali la sospensione del diritto all'assistenza morale e materiale o l'addebito della separazione. Ed infatti, il comportamento fedigrafo del coniuge può costituire sia causa di separazione o di divorzio, che, ove ne sussistano tutti i presupposti, integrare gli estremi di un illecito civile. Per la Corte, in definitiva, “anche nell'ambito della famiglia i diritti inviolabili della persona rimangono infatti tali, cosicchè la loro lesione da parte di un altro componente della famiglia può costituire presupposto di responsabilità civile”.


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