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Condanna per chi pratica la psicoanalisi senza titolo

I giudici di Cassazione – sentenza n. 14408/2011 – si sono occupati di una vicenda in cui una donna era stata condannata dai giudici di merito per il reato di prestazione abusiva della professione di psicologo e psicoterapeuta in quanto aveva posto in essere atti tipici di tale professione utilizzando, in particolare, la terapia della psicanalisi.

Secondo la Cassazione, in particolare, non era condivisibile la tesi difensiva della ricorrente secondo cui la psicoterapia della psicoanalisi è annoverabile fra quelle libere previste dall'articolo 2231 Codice civile senza necessitare di particolare abilitazione statale.

Ed infatti, “la psicoanalisi, quale quella riferibile alla condotta della ricorrente, è pur sempre una psicoterapia che si distingue dalle altre per i metodi usati per rimuovere disturbi mentali, emotivi e comportamentali”; del resto anche il metodo utilizzato dall'imputata del “colloquio" è un tipico atto della professione medica, di guisa che “non v'è dubbio che tale metodica, collegata funzionalmente alla cennata psicoanalisi, rappresenti un'attività diretta alla guarigione da vere e proprie malattie (ad esempio l'anoressia) il che la inquadra nella professione medica, con conseguente configurabilità del contestato reato ex articolo 348 Codice penale in carenza delle condizioni legittimanti tale professione”.



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