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Legittimo l’accertamento induttivo fondato sul rapporto tra ore lavorate e tariffario

Con l’ordinanza n. 12346 del 7 giugno 2011, la Sezione tributaria della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’Amministrazione finanziaria contro tre soci di una Snc.

La vicenda è giunta all’esame degli Ermellini dopo che l’ufficio delle imposte aveva notificato un atto di accertamento nei confronti dei tre contribuenti, basando il calcolo del maggior reddito sul rapporto incongruente fra il tariffario a prestazione e le ore effettivamente lavorate.

I soci hanno impugnato l’atto e sono ricorsi nei primi gradi di giudizio: vincendoli. Il Fisco ha, così, presentato ricorso in Cassazione, con il conseguente ribaltamento della decisione.

La Suprema Corte ha, infatti, accolto la richiesta riconoscendo sia la regolarità formale delle scritture sia il metodo ricostruttivo. Dunque, l’atto di accertamento induttivo è da ritenersi “palesemente fondato” – a detta dei giudici – e non può essere accolta neanche l’accusa di vizio motivazionale, dato che non vi è alcun riferimento “all’iter logico seguito dal giudice per ritenere errato il calcolo dell'Ufficio in relazione alle dichiarazioni della parte e delle considerazioni dell'Ufficio in ordine ai rapporti tra tariffario a prestazione e ad ore, implicando il primo, necessariamente, la valutazione del tempo necessario a espletare le varie prestazioni”.


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