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Diritto al congedo obbligatorio nel caso di parto prematuro

Sentenza Corte Costituzionale 7 aprile 2011, n. 116 Il D.Lgs. n. 151 del 2011, Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, all’art. 16 pone il generale divieto di adibire le donne al lavoro in concomitanza con il parto riconoscendo un periodo di congedo “obbligatorio” per maternità. In particolare l’articolo in questione dispone il divieto di adibire al lavoro le donne: a) Durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salva la flessibilità prevista dall’art. 20 che permette alla donna di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto a condizione che venga attestato che tale opzione non arrechi pregiudizio alla sua salute e a quella del nascituro; b) Per il periodo intercorrente la data presunta del parto e la data effettiva del parto, ove questo avvenga oltre la data presunta del parto; c) Durante i tre mesi dopo il parto; d) Durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta; tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 116/2011, si è soffermata sul congedo in questione e più in particolare ha affrontato il caso di parto prematuro dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art.16, comma 1, lett. c) “nella parte in cui non prevede, nell’ipotesi di parto prematuro, qualora il neonato abbia la necessità di un periodo di ricovero ospedaliero, la possibilità per la madre lavoratrice di usufruire del congedo obbligatorio o di parte di esso dalla data di ingresso del bambino nella casa familiare”. La questione di legittimità era stata sollevata in riferimento all’art. 3, per ingiustificata disparità di trattamento tra il caso di parto a termine e quello di parto prematuro, e gli artt. 29, 30, 31 e 37 Cost. di tutela della maternità e salvaguardia dei diritti dei minori e del nucleo familiare. Partendo dal presupposto che funzione del congedo di maternità è quello di essere volto a tutelare la salute della donna e proteggere il rapporto che, in tale periodo, necessariamente si instaura tra madre e figlio, anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo che sono da ritenere decisive sia per il corretto sviluppo del bambino, sia per lo svolgimento del ruolo della madre. La Corte Costituzionale già con sentenza n. 270/1999 aveva affermato tale orientamento e nello stesso tempo aveva proposto diverse soluzioni con specifico riguardo alla decorrenza del periodo di astensione, spostandone l’inizio o al momento dell’ingresso del neonato nella casa familiare, o alla data presunta del termine fisiologico di una gravidanza normale. La Corte Costituzionale ha, allo stesso tempo, affermato che il congedo obbligatorio non può decorrere dalla data presunta del termine fisiologico di una gravidanza normale in quanto tale criterio è giustificato solo per il calcolo dei 2 mesi precedenti la data presunta del parto, perché è l’unico utilizzabile in relazione ad un evento che non è ancora avvenuto. Nella fattispecie, invece, di parto prematuro un tale criterio non può trovare accoglimento dal momento che porterebbe ad operare un riferimento ipotetico ad un evento che, in realtà, è già avvenuto e che in ogni caso non è idoneo ad assicurare una tutela piena ed adeguata della madre e del bambino per l’intero periodo di spettanza del congedo. Resta fermo così, per tali ragioni, l’orientamento che vede ancorato il periodo di astensione al termine del ricovero, e quindi alla relativa data di ingresso del neonato nella casa familiare, vale a dire ad un momento certo e sicuramente idoneo a stabilire tra madre e figlio quella comunione di vita che l’immediato ricovero del neonato nella struttura ospedaliera non aveva consentito. Tale soluzione appare quindi l’unica percorribile. La norma censurata, poi, non prevedendo la possibilità di differire il congedo obbligatorio fino al momento in cui il bambino non può fare ingresso in famiglia dopo il ricovero successivo alla nascita, non garantirebbe la suddetta esigenza di tutela, specialmente quando la dimissione del bambino coincide con il termine del congedo. Inoltre la norma in esame non consentirebbe nemmeno alla madre di poter tornare al lavoro se non nel momento in cui siano decorsi i mesi di congedo obbligatorio, anche quando, pur non potendo svolgere il suo ruolo di madre e di assistenza del minore affidato alle cure dei sanitari, le sue condizioni di salute lo permetterebbero. Il rigido collegamento della decorrenza del congedo alla data del parto comporta altresì una disparità di trattamento irragionevole tra il parto a termine e il parto prematuro. Alla Corte non appare neanche sufficiente come rimedio aggiungere semplicemente al periodo di congedo di maternità dopo il parto gli ulteriori giorni non goduti prima di esso, un periodo troppo breve che non garantisce la realizzazione di entrambe le finalità dell’istituto dell’astensione obbligatoria dal lavoro. La Corte Costituzionale, in conclusione, per tali ragioni dichiara l’illegittimità dell’art. 16 D. Lgs. 151/2001, “nella parte in cui non consente, in caso di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura sanitaria pubblica o privata, che la madre lavoratrice possa fruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sua condizioni di salute attestate da documentazione medica, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempo dalla data d’ingresso del bambino nella casa familiare” e chiarisce, con riferimento all’art. 18 del medesimo decreto, riguardante la sanzioni per la violazione delle disposizioni di cui all’art. 16, che la pronuncia non estende l’area della punibilità della fattispecie penale. Pertanto, tale pronuncia, non va a modificare l’area dei destinatari della norma né la sanzione, limitandosi ad introdurre per la madre lavoratrice la facoltà di poter ottenere una diversa decorrenza del congedo obbligatorio.