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L’indennita’ di trasferta: chiarimenti ministeriali

L’esenzione sull’indennità di trasferta è stata oggetto di contrastanti orientamenti ministeriali. Com’è noto il concetto di trasferta fa riferimento alla situazione in cui il lavoratore è chiamato, per un periodo normalmente breve ed in via provvisoria, a prestare la propria opera in un comune diverso da quello in cui è ubicata l’unità produttiva presso la quale normalmente presta la propria attività. La trasferta presuppone quindi che lo spostamento del lavoratore sia determinato da fattori occasionali e contingenti, ma allo stesso tempo, per sua natura, comporta un maggior disagio per il lavoratore derivante dal dover prestare la propria attività lavorativa in una sede diversa, che viene compensato dal rimborso delle spese e dalla corresponsione di una particolare indennità prevista dai contratti collettivi ovvero da accordi individuali. Determinante per la disciplina di tale materia è l’art. 51, comma 5, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.) il quale dispone che concorrono integralmente a formare il reddito di lavoro dipendente le indennità e i rimborsi spese per le trasferte effettuate nell’ambito del territorio comunale ove si trova la sede di lavoro, precisando altresì che sono escluse, entro il limite di 46, 48 euro giornalieri (in Italia) e di 77, 47 euro (all’estero), le indennità erogate per trasferte rese al di fuori del territorio comunale ove si trova la sede di lavoro. La risposta all’interpello n. 14/2010, proposto da Confartigianato, riguardante l’indennità di trasferta contrattuale, ha sollevato molte perplessità: con tale istanza veniva richiesto il parere ministeriale in merito alla possibilità per il datore di lavoro di erogare ai propri lavoratori dipendenti un’indennità di trasferta superiore a quella stabilita in sede di contrattazione collettiva, nazionale o si secondo livello, ma comunque non imponibile ai fini contributivi e fiscali in quanto compresa nei limiti di cui al citato art. 51 T.U.I.R., concernente i criteri di determinazione, ai fini fiscali, del reddito di lavoro dipendente. L’interpello in questione premette in primo luogo che è stata confermata dalla giurisprudenza di legittimità la natura retributiva delle indennità corrisposte a lavoratori inviati in trasferta, in quanto costituente reddito ai fini dell’Irpef per la frazione che eccede i limiti individuati dalla legge. Con riguardo alla corresponsione di un’indennità di trasferta corrisposta in misura superiore a quella prevista nella contrattazione collettiva, che sia basata su una accordo con le rappresentanze sindacali dell’azienda, secondo il Ministero del Lavoro: - la maggiorazione, configurando una deroga in melius non solleva argomentazioni contrarie alla sua ammissibilità, fatta espressamente salva la previsione dell’art. 51 del T.U.I.R. che nell’attribuire alla previsione contrattuale la determinazione degli elementi della retribuzione da considerarsi agli effetti previdenziali, impone alle parti stipulanti il deposito degli accordi collettivi relativi a tali elementi presso la competente sede della DPL e degli Enti previdenziali; - la frazione di indennità di trasferta che eccede i fini IRPEF i limiti individuati nell’art. 51 del TUIR, e quindi solo l’eccedenza, ha natura retributiva; - è ammissibile quindi la stipula di un accordo collettivo aziendale per la corresponsione i un’indennità di trasferta superiore a quello previsto dalla contrattazione nazionale o territoriale, ma ai fini IRPEF tale importo non dovrà superare il limiti dell’art. 51 del TUIR e l’accordo deve essere depositato presso gli Enti preposti. Per quanto concerne, inoltre, la possibilità che un’indennità di trasferta superiore a quella contrattuale sia riconosciuta in un accordo individuale con i singoli lavoratori, si ritiene che, in tale ipotesi, debba applicarsi la disciplina concernente l’istituto del cd. “superminimo individuale” (eccedenza della retribuzione rispetto ai minimi tabellari); l’eccedenza rispetto all’importo di natura collettiva, data quindi tale interpretazione, è soggetta all’imponibilità fiscale e contributiva. Tale presa di posizione del Ministero del Lavoro ha sollevato molteplici perplessità soprattutto in relazione a tale ultima interpretazione, considerata troppo rigida e restrittiva: la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, con la Circolare n. 6 del 13 aprile 2010, ha tempestivamente replicato fornendo una propria interpretazione dell’istituto della trasferta. Riguardo all’ultima precisazione ministeriale che prevede l’applicazione dell’istituto del “superminimo individuale” ai casi in cui l’indennità di trasferta, superiore a quella contrattualmente prevista, sia riconosciuta a livello di accordo individuale con i singoli lavoratori, la Circolare pone le seguenti considerazioni. L’indennità di trasferta viene riconosciuta dall’azienda al lavoratore a titolo di indennizzo forfetario per le maggiori spese sostenute dallo stesso espletamento delle proprie mansioni ed infatti, pur rientrando a pieno titolo nei redditi da lavoro dipendente, come previsto dall’art. 51 TUIR, il legislatore riconosce a tale indennità un particolare regime di esenzione; partendo da questo assunto risulta difficile comprendere come il Ministero sia riuscito a giungere a sostenere che un importo erogato a copertura di un disagio, com’è l’indennità di trasferta, possa essere trattato come l’erogazione aggiuntiva prevista dal contratto individuale a titolo di gratificazione per il lavoratore: è chiaro quindi che la funzione della corresponsione aggiuntiva è diversa, come è diverso il motivo per cui essa viene erogata. Da qui risulta quindi necessario ritenere, in linea generale, che il trattamento aggiuntivo corrisposto debba essere definito in base alla propria funzione. Di conseguenza, qualora un datore di lavoro, conceda una somma a titolo di indennità di trasferta in misura superiore a quanto stabilito dagli accordi collettivi, tale somma conserva la natura di indennità di trasferta e deve essere regolato secondo la disciplina che il contratto collettivo o la legge stabiliscono per tale erogazione, escludendosi quindi l’applicazione delle regole relative al superminimo per l’eccedenza del limite fissato dal CCNL. Da qui quindi la conclusione secondo cui nell’ordinamento giuridico non ci sarebbe alcuna norma che prevede la trasformazione in superminimo ciò che le parti hanno pattuito essere indennità di trasferta. A distanza di poco tempo dall’intervenuto interpello il Ministero del Lavoro, con la Nota n. 7301 del 21 aprile 2010, opera una parziale rivisitazione della sua posizione sul tema dato lo scarso convincimento dell’impostazione esposta nell’interpello n. 14/2010. Il Ministero, con la citata Nota n. 7301/2010, rettificando la propria posizione, precisa che “qualora vengano concordati o comunque erogati a titolo di trasferta importi superiori rispetto a quanto stabilito dalla contrattazione collettiva determinati da maggior disagio e onerosità delle trasferte si ritiene che gli stessi non debbano essere assoggettati ad imposizione”. Si rinviene chiaramente l’eliminazione della distinzione tra contrattazione collettiva e contratto individuale, lasciando spazio ad un’interpretazione che consente a qualunque livello contrattuale di stabilire una maggiorazione dell’indennità di trasferta, rispetto al contratto collettivo nazionale, consentendo nel contempo di fruire delle agevolazioni tributarie e contributive previste dall’art. 51, comma 5, del TUIR. Secondo tale ragionamento, quindi, entro i limiti legali fissati dall’art. 51 TUIR, anche le indennità di trasferta stabilite dalla contrattazione individuale e/o dalla prassi aziendale formeranno una voce esente dal prelievo fiscale e contributivo.

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