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Il tfr delle aziende maggiori usato per la spesa

Più che una bacchettata al Governo, è un allarme in piena regola. Dal 2007 al 2010 lo Stato ha prelevato 15, 86 miliardi del Tfr dei lavoratori privati non destinato alla previdenza complementare, senza però «alcun meccanismo di reintegrazione» del fondo Tfr gestito dall'Inps. Di più: non ha neppure sempre destinato i fondi agli obiettivi fissati per legge, anzi spesso li ha usati per la spesa corrente. Come non deve essere. E la Corte dei conti accusa: è «un'operazione di natura espropriativa senza indennizzo o comunque di prelievo fiscale indiretto nei confronti di categorie interessate a versamenti finalizzati a scopi ben diversi dal sostegno alla finanza pubblica».

La magistratura contabile aveva già criticato il caso del Tfr optato da lavoratori e aziende, ma adesso, con una relazione specifica alle Camere, torna all'attacco. Con più dati e con una messe di dure osservazioni. A partire da una promozione: la rimozione delle «patologie» contestate a suo tempo al ministero dell'Interno che dal 2010 non ha più destinato alla spesa corrente quote del Tfr incassato.

Per il resto nell'universo della Pa è buio pesto, o quasi. Non è stato messo in moto alcun meccanismo di reintegro del Fondo Inps da cui sono state prelevate le somme per il 2007-2009 e per il 2010. «Anzi, il contestato meccanismo risulta confermato almeno fino allo scadere del decennio dalla sua introduzione»: quando, a fronte dei 15, 86 miliardi finora prelevati, si prevedono alla scadenza prelievi per 30 miliardi.

Rilievi cui l'Economia in fase di istruttoria ha risposto in maniera tranquillizzante: non ci sarà «alcun nocumento ai soggetti interessati ai versamenti e ai prelievi», anzi verranno migliorati gli equilibri del bilancio statale per un ampio arco di anni proprio in un periodo di prevedibili «difficoltà della finanza pubblica». Replica che però «la Corte dei conti ritiene di non poter condividere», si legge nella relazione, perché «un simile prelievo, senza il correlato onere di ricostituzione del fondo», si trasforma appunto in un «operazione di natura espropriativa o di prelievo fiscale indiretto» che tra l'altro niente a a che fare col sostegno ai conti pubblici.

Di più: i magistrati contabili (relatori Aldo Carosi e Fabio Viola della sezione del controllo sulla gestione delle amministraazioni dello Stato) contestano la tesi del «preteso andamento attivo della gestione previdenziale interessata» e il fatto che essa «possa finanziare a fondo perduto non solo gli investimenti» ma anche la spesa corrente grazie a «un trend favorevole almeno decennale». I dati finanziari esposti alla Corte sono infatti giudicati quanto meno parziali, lacunosi e fondati su «statistiche elementari» che non consentono visioni tanto ottimistiche. Anzi. Anche perché «sotto il profilo degli equilibri di bilancio la carenza di dati istruttori e la sottovalutazione di importanti fattori di criticità» potrà creare «squilibri» di cui «potrebbero fare le spese i futuri contribuenti e i percettori delle prestazioni» pensionistiche.

Parole pesanti. Con la sottolineatura finale di un potenziale «pericolo»: impiegare il fondo Tfr «per mere finalità di provvista finanziaria potrebbe pregiudicare i futuri equilibri di bilancio». E rischia di «creare problemi di equità intergenerazionale a danno dei futuri contribuenti e percettori di servizi».



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