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L'architettura alpina

ARCHITETTURA ALPINA

L’architettura rurale alpina piemontese e della valle d’Aosta presenta caratteri diversi a seconda delle valli e dei nuclei sociali che le hanno costruite. Una base che accomuna tutta una serie di architetture che si possono definire vernacolari, ovvero tradizionali e strettamente connesse al luogo e al periodo storico in cui sono nate, è l’uso di strutture miste in pietra e legno.
Il basamento e il piano seminterrato (sovente collocato a ridosso della montagna secondo le curve di livello, sfruttando il dislivello naturale del terreno) vengono realizzati in pietra e calce naturale; il piano superiore e il sottotetto in struttura a telaio di legno tamponata con piccole pietre miste a malta di calce o di gesso, oppure tamponata con tavole di legno.
Anche la tradizione walser prevede l’uso di pietra e legno, con la differenza però che la struttura in legno viene realizzata con il sistema a tronchi sovrapposti (a blinde o “blockbau”), sigillando i giunti con metodi diversi (a questo proposito diverse culture europee ci insegnano metodi vari per questo scopo come: lasciare che la pressione del peso proprio della struttura e del tetto faccia fuoriuscire la resina, oppure inserire stracci di lana, oppure tamponare le fessure con muschio e terra, oppure ancora con funi di stoppa).
La tipologia più diffusa di edifici rurali alpini prevede una distribuzione delle funzioni ben precisa ai vari piani dell’edificio: al piano seminterrato la stalla, la cucina, gli ambienti più protetti e riscaldati d’inverno (in modo naturale – calore animale – o con l’ausilio di un camino); al piano terra, che normalmente era un piano rialzato, le camere da letto e un balcone o loggiato; al piano sottotetto il fienile e la dispensa. La distribuzione verticale con scale in pietra (piano seminterrato) o in legno (piano primo) è molto semplice, normalmente a rampa unica. L’edificio non ha forme particolarmente complesse e tutti gli ambienti sono a pianta rettangolare o quadrata.
Le abitazioni vernacolari alpine sono caratterizzate da coperture a doppia falda con orditura in legno, assito e manto in lose di pietra, limitando sempre al minimo l’uso del ferro (venivano utilizzate anche gronde in legno scavato sostenute da cicogne in legno ricurvo). Molto usati un tempo come manti di coperture erano anche la paglia e le scandole di legno: la paglia forniva prestazioni eccezionali a costo energetico bassissimo e permetteva la traspirazione del vapore e dell’anidride carbonica; le scandole erano caratterizzate da una resistenza notevole ai carichi e da un’eccellente durabilità.
Un aspetto interessante delle civiltà montane, educativo direi, è la tendenza a non creare rifiuti e a recuperare tutto: il legname viene impiegato in altre costruzioni, il letame viene utilizzato come concime, gli scarti domestici sono per la maggior parte biodegradabili, etc.
Un aspetto importante della società semplice che caratterizza le civiltà rurali alpine è anche la presenza di infrastrutture collettive e la condivisione di alcune strutture per l’utilità comune: ad esempio la fontana-lavatoio, il forno, il torchio per l’uva, il frantoio per le noci, il mulino. Questo porta un vantaggio economico all’intera comunità.
Dal punto di vista strutturale è annotabile anche l’uso di pilastri squadrati o a sezione circolare realizzati in pietra e calce, collegati tra loro dalle strutture lignee degli orizzontamenti.
Per la conservazione delle vivande vengono realizzati invece i crotin, ottimi frigoriferi naturali: si tratta di locali senza finestre, indipendenti dall’edificio e posizionati a ridosso di una roccia o scavati nel terreno; in alcuni casi, per meglio conservare il latte, si disponeva anche di acqua corrente (fresca di sorgente) sul pavimento, nella quale venivano immersi i contenitori di latte.
Prendendo atto della situazione ambientale attuale e accingendosi a realizzare architetture bioecologiche, per certi versi, è opportuno studiare e recuperare molte di queste tradizioni (non sono più attuali ma sono pur sempre esempi di architetture ecologiche e biocompatibili, che possono servire come base di partenza per la progettazione di elementi tecnologico-costruttivi più rispettosi dell’ambiente e più vicini all’uomo). Può essere utile, ad esempio, riprendere l’uso di materiali naturali quali pietra, legno, calce, gesso, etc.; riprendere tradizioni sociali utili alla socializzazione, all’ecologia, al risparmio delle risorse e al risparmio economico della singola famiglia; riprendere accorgimenti tecnologici e bioclimatici come spunto di riflessione ed attualizzandoli, al fine di soddisfare anche le nuove necessità di comfort dell’ambiente interno; analizzare la disposizione rispetto ai punti cardinali e recuperare l’abitudine ad inserire l’architettura nel paesaggio in maniera poco invasiva.

RIF: Collana “Quaderni di cultura alpina”, Priuli & Verlucca editori; Andrea Bocco e Gianfranco Cavaglià, 2008, “Flessibile come la pietra”, Celid.