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Il ciclo del grano : “ la pisatura a pede ” (trebbiatura)

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– 3 - agosto 2012 . Il ciclo del grano : “ la pisatura a pede ” (trebbiatura)

Tutti i lavori dall'aratura alla semina, dalla mietitura alla trebbiatura erano manuali. Ultimata la mietitura, era già tempo di " pisare ", cioè di trebbiare il grano. Anche questa, prima dell'avvento delle trebbiatrici, si faceva con metodi antichi sempre gli stessi per secoli. Allora la nostra cultura era saldamente legata alla terra, ai suoi prodotti, e tra questi il grano significava sudore, ma anche pane; lavoro, e gioia.
Il primo giorno bisognava preparare " l'aria ". Era uno spazio di terreno pianeggiante e ventilato dove si (streppuniava) strappavano tutte le stoppie e le erbacce, poi si bagnava la terra con l'acqua, si spargeva della paglia e si schiacciava in modo che impastandosi con la terra formasse una specie di pavimento. Nella mattinata di buon'ora perché il grano era meglio trasportarlo quando non era ancora molto caldo, si trasportavano le (gregne) di grano sull'aia fino a riempirla. Si preparava lu " tufu", una pietra a forma allungata e piana, trainato da buoi, mulo, cavallo o asino, guidati da mani esperte dei contadini, li faceva girare in tondo sull’aia pigiando le gregne di biondo frumento in modo da staccarle. Finita la " pisata " bisognava " ventulare " cioè separare il grano dalla paglia. Per far questo c'era bisogno del vento che alcune volte faceva i capricci e rendeva il lavoro più difficoltoso e l'attesa che soffiasse snervante. Ci si metteva uno di fianco all'altro cu lu maccaturo legato in testa o la paglietta e con la forca o furcato si buttava in aria il grano e la paglia. La paglia leggera volava ai lati dell'aia lasciando il grano sempre più pulito. Bisognava pulire ancora più a fondo il grano e questo si faceva spagliando (ventulando) con un badile di legno (" la pala "). Il ciclo del grano con le fasi della mietitura e la pisatura ha questa caratteristica, ricrea scene di vita agreste durante la quale si vive un’atmosfera di festa con canti e balli propiziatori tra un misto di sacro e profano, un po’ di pane duro, “ patate e pepini cu nu muorzu de sausicchia fritte’’ e nu sorso di vino, antichi sapori di una volta grazie ai piatti tipici tramandati, con i segreti del caso, da generazione in generazione . E’ un tuffo nel passato fortemente presente nella memoria degli anziani, ma tanto sconosciuto quanto degno di curiosità e di insegnamenti di vita per i giovani, si ricordano miti usanze e costumi di quella civiltà contadina che ormai non esiste più. ( Masseria Sant’Elia G.RESCE)