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REGOLAMENTO DEI CONFINI: ROGITI, TESTIMONIANZE E, ULTIMO, LE MAPPE CATASTALI

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Regolamento dei confini: rogiti, testimonianze e, ultimo, le mappe catastali

Nella definizione del regolamento dei confini la documentazione catastale ha meno valore (o, meglio, ha funzione sussidiaria) rispetto alle testimonianze, agli accertamenti e alle informazioni provenienti dai rogiti notarili.

Con tale decisione (sentenza n. 23682 del 19 novembre 2015) la Corte di Cassazione civile ha ribaltato le pronunce dei gradi di giudizio precedenti, secondo cui, invece, la situazione fotografata dalle mappe catastali “fosse fosse la più vicina rappresentazione della volontà delle parti espressa in atto”.

Gli Ermellini si sono espressi in questo modo: “nel giudizio di regolamento di confini, che ha per oggetto l’accertamento di un confine obiettivamente e soggettivamente incerto tra due fondi, il giudice ha un ampio potere di scelta e di valutazione dei mezzi probatori acquisiti al processo, in ordine ai quali il ricorso alle indicazioni delle mappe catastali costituisce un sistema di accertamento di carattere meramente sussidiario , al quale, cioè, si pone riferimento solo in assenza di altri elementi idonei alla determinazione del confine “.

In altre parole, affermano i giudici, nei procedimenti per il regolamento dei confini il ricorso alle mappe catastali deve essere considerato come uno strumento sussidiario da utilizzarsi solo quando vengono a mancare o sono insufficienti altri materiali e fonti probatorie.

Da evidenziare che dalla consulenza peritale disposta dai giudici era emersa l’impossibilità di ricostruire in loco il frazionamento richiamato dagli atti di provenienza in ragione dei cambiamenti intervenuti nell’arco di 40 anni.

Per dirimere la faccenda, i giudici avevano privilegiato le informazioni derivanti dagli accertamenti peritali e avevano così deciso che la situazione sulle mappe catastali fosse la migliore rappresentazione della realtà. Sentenza ribaltata dalla Suprema Corte che, invece, ha evidenziato come le prove catastali siano state “erroneamente” considerate di maggiore rilevanza , rispetto alle altre risultanze probatorie emerse durante il processo, come per esempio i frazionamenti allegati agli atti del processo e ai rogiti di acquisto che descrivevano una realtà diversa da quanto appariva sulle mappe catastali.

I giudici, ha stabilito la Suprema Corte, hanno sbagliato a giustificare tale scelta affermando che non sarebbe stato possibile dare rilievo ai frazionamenti a causa della mutata situazione dei luoghi, della irreperibilità dei capisaldi a suo tempo utilizzati e della impossibilita di ricostruirli.

In ultima istanza, ma non per questo meno importante, gli Ermellini hanno stigmatizzato la decisione di non avere tenuto in debito conto le testimonianze che avrebbero invece potuto aiutare a ricostruire la situazione reale.