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Notiziario online – newsletter n.9

In caso di risoluzione del contratto di leasing per inadempimento dell’utilizzatore, quest’ultimo è tenuto all’immediata restituzione del bene oggetto della locazione finanziaria, con diritto alla restituzione dei canoni pagati, salvo un equo compenso e l’eventuale risarcimento del danno, in applicazione dell’art.1526 cc, quando il leasing si configuri come traslativo.

L’equo compenso per l'uso della cosa è comprensivo della remunerazione del godimento del bene, del deprezzamento conseguente alla sua incommerciabilità come nuovo e del logoramento per l'uso, mentre il risarcimento del danno spetta al concedente nel caso di un deterioramento anormale della cosa.

La valutazione della fondatezza della domanda riconvenzionale proposta dall’utilizzatore non implica la previa restituzione del bene, posto che la determinazione dell'equo compenso deve essere fatta con riguardo al periodo di godimento del bene stesso da parte dell'utilizzatore.

Questi i principi espressi dal Tribunale di Firenze, in persona della dott.ssa Anna Primavera, con la sentenza del 18 luglio 2014 in materia di leasing.

Nel caso di specie, una banca – concedente un immobile in leasing - adiva con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. il Tribunale, al fine di ottenere una pronuncia di condanna della società utilizzatrice al rilascio immediato dell’immobile oggetto di leasing finanziario , previo accertamento della intervenuta risoluzione del contratto per inadempimento all’obbligazione di versamento dei canoni di locazione finanziaria .

Costituitasi in giudizio, la società utilizzatrice chiedeva, in via riconvenzionale, la restituzione dei canoni versati – detratto l’equo compenso e l’importo dovuto alla banca a titolo di risarcimento del danno.

La banca, a sua volta, spiegava reconventio reconventionis al fine di ottenere la condanna della convenuta all’equo compenso ed al risarcimento del danno.

Su tali domande, ed in particolare sulla questione della quantificazione dell’equo compenso e del diritto al risarcimento del danno, il Giudice fiorentino ha disposto la rimessione della causa sul ruolo, potendo decidere solo all’esito dell’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, ma ha comunque provveduto con sentenza parziale sulla domanda principale (di restituzione dell’immobile concesso in leasing).

La decisione prende le mosse dalla preliminare qualificazione del contratto di leasing contestato quale leasing traslativo, che si distingue dal c.d. leasing di mero godimento, “essendo l'immobile concesso in leasing destinato a conservare, alla scadenza del contratto, un residuo valore particolarmente apprezzabile per l'utilizzatore, avuto riguardo alla sua natura, all'uso programmato ed alla durata del rapporto”.

Come debbono essere regolati i rapporti tra le parti, quando questo tipo di contratto si risolve per inadempimento dell'utilizzatore, è questione su cui anche la Corte di Cassazione si è ormai più volte soffermata.

Il principio di diritto applicato in modo costante è nel senso che, in questo caso, si applica per analogia la disciplina dettata dall'art. 1526 cc per la risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà e perciò il venditore, da un lato deve restituire i canoni riscossi, dall'altro ha diritto ad un equo compenso per l'uso della cosa, oltre al risarcimento del danno (Cass. 28 novembre 2003 n. 18229; 3 settembre 2003 n. 12823) .

L’equo compenso, sottolinea il Tribunale, è da ritenersi (e come tale va computato) comprensivo della remunerazione del godimento del bene, del deprezzamento conseguente alla sua incommerciabilità come nuovo e del logoramento per l'uso, mentre il risarcimento del danno è dovuto all’eventuale deterioramento anormale della cosa.

La risoluzione del contratto, in ogni caso, comporta l’obbligo dell’utilizzatore di restituire (e quindi di liberare, nel caso dell’immobile) il bene oggetto di leasing, bene di cui quest’ultimo non ha acquistato la proprietà, la quale rimane in capo al concedente fino al versamento dell’ultimo canone di locazione o dell’opzione di riscatto.

Ed è proprio la qualificazione del contratto come leasing traslativo, e la conseguente applicazione della disciplina della vendita con riserva di proprietà, che conduce alla affermazione del diritto del concedente alla immediata restituzione del bene concesso in locazione, contrariamente a quanto sostenuto dalla società utilizzatrice.

Va notato, a margine, che la convenuta aveva dedotto, solo in sede di memoria autorizzata dal giudice ex art.183, VI comma, III termine, l’usurarietà degli interessi di mora, assumendo di dover essere ritenuta morosa solo nel pagamento del capitale, non essendo dovuti gli interessi ai sensi dell' art. 1815 co. 2 c.c .

Il Giudice ha dichiarato inammissibile per tardività tali doglianze, evidenziando che “il thema probandum deve essere conforme a quello decidendum come definito a seguito della emendatio libelli che avviene, al più tardi, col deposito della II memoria ex art. 183 c.p.c.”. Oltretutto, trattandosi di deduzioni del tutto generiche, prive dell’indicazione del tasso soglia asseritamente superato, l’eccezione è stata ritenuta infondata. Dovendosi inoltre ritenere i decreti ministeriali “usura” quali atti meramente amministrativi, per essi non può applicarsi il principio jura novit curia, con la conseguenza che il Giudice non può supplire alla lacuna probatoria della parte che si dolga dell’usurarietà del contratto.

Nel ritornare alla questione principale del giudizio, il Tribunale ha altresì chiarito che la Banca si era avvalsa della clausola risolutiva espressa, a fronte del mancato versamento da parte dell’utilizzatrice di svariati canoni della locazione finanziaria.

Tale circostanza esclude che si debba valutare la gravità dell'inadempimento, ricorrendo l'ipotesi di risoluzione di diritto del contratto, di cui all'art. 1456 cc.

In ogni caso, l'inadempimento della convenuta non era da ritenersi di scarsa importanza , potendo ben determinare anche la pronuncia di risoluzione anche ex artt. 1453 e 1455 c.c., essendo la convenuta risultata morosa nel pagamento dei canoni per un importo di oltre 85 mila euro.

In conclusione, il Tribunale ha accertato la risoluzione del contratto ex art. 1456 c.c. e condannato l’utilizzatrice al rilascio immediato dell'immobile concesso in leasing, posto la qualificazione del contratto come leasing traslativo, con conseguente applicabilità dell'art. 1526 c.c., non è idonea a paralizzare il diritto al rilascio del bene .

La pronuncia è degna di nota per aver confermato, da un lato, che quando il contratto di leasing si configuri come “traslativo”, esso è soggetto all’applicazione analogica della disciplina codicistica dettata in materia di vendita con riserva di proprietà e, dall’altro, che l’applicabilità di tale disciplina non osta – ed anzi è coerente – al riconoscimento del diritto del concedente ad ottenere la restituzione del bene, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore.