PULIERI ADRIANO.REGISTA CINEMATOGRAFICO

Via Sparano da Bari Cap 70121, Bari Tel 3509753904





CHI SIAMO COSA FACCIAMO





Il regista Pulieri Adriano è il responsabile artistico e tecnico di un’opera audiovisiva che può essere cinematografica, televisiva, teatrale. Dirige gli attori e coordina il set, controllando il lavoro dei collaboratori, imposta e dirige le riprese e le inquadrature: è sovente considerato il vero e proprio autore di un film.





REGIA CINEMATOGRAFICA





La regia cinematografica è la direzione del film, intesa sia dal punto di vista tecnico sia da quello artistico. La similitudine più immediata, ma parziale, è quella con la regia teatrale. Alla regia spetta la concettualizzazione e la definizione delle modalità narrative, espressive, estetiche, tecniche e realizzative del film. Il regista quindi è l’autore che dirige l’apparato realizzativo di un film, o di un prodotto audiovisivo in genere, coordinando il proprio lavoro con quello degli altri coautori e collaboratori (sceneggiatore, direttore della fotografia, montatore, scenografo…). È al regista che viene riconosciuto il ruolo di autore del film nel suo complesso.

Il ruolo del regista varia nel cinema europeo e in quello statunitense. Mentre l’industria hollywoodiana tende a circoscrivere la regia soprattutto alla messa in scena del film, quindi al lavoro sul set con gli attori e con i tecnici, il cinema europeo e sovietico incarna nel regista l’autore ed il facitore del film, con maggior risalto all’aspetto artistico. Fatta questa premessa, comunque il lavoro del regista non inizia mai con le riprese ma prevede una lunga preparazione, spesso già in fase di scrittura della sceneggiatura, continuando attraverso la direzione degli attori e la direzione delle riprese, e poi fino al montaggio.

Volendo soffermarci più sull’iter prettamente produttivo e imprenditoriale, potremmo semplicisticamente e molto approssimativamente definire la regia come il lavoro mediante il quale dalla sceneggiatura si passa al film, ossia “dalla carta allo schermo”. Ha a che vedere con le scelte artistiche e visive della narrazione filmica, il contenuto delle inquadrature, e l’interpretazione degli attori.





SUL SET





Normalmente, vi sono diverse prove di recitazione per gli attori, precedenti o già sul set, dalla lettura a tavolino all’uso di controfigure e cascatori secondo i diversi stili di regia che vanno da un’interpretazione rigorosa della sceneggiatura all’improvvisazione, ovvero dal ripetere senza varianti le battute previste al recitare a canovaccio. Allo stesso tempo il regista, in consultazione con il direttore della fotografia, decide l’angolazione e la lunghezza focale da cui riprendere, guardando nella cinepresa (o nella telecamera) o utilizzando un mirino esterno. Lo stesso avviene con il piazzamento dei microfoni per la registrazione del sonoro. Stabiliti i piani di messa a fuoco e la profondità di campo necessaria al movimento dell’attore (o al contrario, secondo la preferenza del regista, aggiustato il movimento dell’attore a quello della macchina da presa), il regista dà l’ordine di far partire la scena dicendo tradizionalmente la sequenza di comandi: “silenzio” (al quale segue un cicalino e l’illuminazione di una lampada di servizio per far tacere tutti i rumori e impedire l’accesso al luogo di ripresa), “motore” (al quale segue l’avvio delle macchine di ripresa visive e sonore, confermato dagli addetti con la risposta “partito”), “ciak” (al quale segue l’uso del ciak atto a numerare le inquadrature e sincronizzarle con il sonoro) e “azione” (che fa partire effettivamente la scena con i movimenti degli attori e degli oggetti e della macchina da presa). Finita (o interrotta per qualche errore o incidente) la ripresa il regista dà lo “stop”.

Anche se per molti anni si è girato al buio, rimandando alla visione dei giornalieri la sera in sala di proiezione, la decisione finale su quale sia la migliore ripresa delle varie ripetizioni, oggi è più solito controllare con monitor e auricolari durante la ripresa, e spesso anche subito dopo con la registrazione video di servizio (nonostante magari si stia girando in pellicola), la qualità del risultato prima di passare all’inquadratura successiva.





LA POST-PRODUZIONE





Successivamente, è sempre la regia a stabilire la colonna sonora che sottolinea le scene allo scopo di enfatizzare uno stato d’animo, evidenziare una situazione, sottolineare un particolare, e quanto serve a far capire allo spettatore qualche cosa che nel romanzo veniva reso tramite le parole, mentre nel film può essere reso solo con immagini e suoni. L’abilità di un regista sta infatti proprio nel riuscire a sopperire alla impossibilità delle semplici immagini di trasmettere pensieri e sensazioni che possono invece essere facilmente descritte con le parole.

Così, se in un romanzo, per dare l’idea di caldo soffocante, è sufficiente dire “faceva un caldo soffocante”, in un film il regista dovrà servirsi di artifici vari per comunicare questa idea allo spettatore: potrà fare un’inquadratura ponendo la macchina da presa al livello del suolo e riprendendo soggetti lontani, in modo da far vedere sullo schermo l’aria che “tremola” per il caldo; oppure potrà inquadrare la camicia inzuppata di sudore del protagonista; o potrà far vedere una persona che cerca di far funzionare un ventilatore, o ancora potrà semplicemente far comparire in un angolo dell’inquadratura un ventilatore a soffitto che ruota lentamente, e così via.

Una volta terminato di girare le scene secondo le istruzioni del regista, si ottiene appunto il girato, ossia l’insieme di tutte le scene girate durante la produzione del film; sarà poi il regista stesso, in accordo con il montatore del film, a decidere se eliminare qualche scena dal montaggio finale, al quale però potrà anche eventualmente contribuire il produttore (che è colui che ha finanziato il film) allo scopo di rispettare i limiti prefissati di durata del film, le richieste della censura, l’efficacia narrativa e il ritmo.





LA REALIZZAZIONE DI UN FILM





Basandosi ancora sulla sceneggiatura, il regista decide il tipo di inquadratura e di sonoro in presa diretta (spesso anche in caso di doppiaggio successivo, laddove la registrazione funziona da colonna guida), la durata delle sequenze, l’ambientazione, il modo in cui attori e comparse devono interagire tra loro e con il set, al fine di costruire una storia credibile e coerente affinché lo spettatore possa seguire con piacere (e con sorpresa o affezione e immedesimazione) la vicenda narrata dall’autore della sceneggiatura.





DOPPIAGGIO





Il doppiaggio è un processo di post-produzione utilizzato nella produzione di film e video in cui le registrazioni aggiuntive o supplementari vengono sincronizzate con le labbra e missate con il suono di produzione originale per creare la colonna sonora finita, in modo da rendere l’opera comprensibile nel Paese di diffusione. Viene quindi sostituita la voce originale di un attore, o di un personaggio, con quella di un doppiatore. Gli ambiti in cui è maggiormente utilizzato sono il cinema, la televisione, l’animazione e la pubblicità (messaggi radiofonici o televisivi.





DOPPIAGGIO PUBBLICITARIO





Il doppiaggio pubblicitario è quell’ambito specifico di utilizzo delle voci per scopi di carattere promozionale. Sarà quindi utilizzato un doppiatore che, fuori dal campo visivo, leggerà un testo appositamente realizzato per la promozione del prodotto/servizio oggetto della pubblicità.

Il doppiaggio pubblicitario è sostanzialmente differente da quello cine/televisivo poiché diverse sono le finalità interpretative, in pubblicità tutta la recitazione è rivolta a veicolare un messaggio promozionale in favore di uno specifico prodotto anche quando apparentemente la scena non vi ha attinenza, mentre nel doppiaggio cinematografico e televisivo l’interpretazione degli attori (e dei doppiatori che prestano loro la voce) è volta al racconto della trama.

La particolarità del doppiaggio pubblicitario è che richiede grande versatilità da parte degli interpreti che hanno a disposizione tempi molti ridotti (si pensi che la durata massima di un messaggio pubblicitario è di trenta secondi e che uno dei tagli molto in uso è quello da quindici secondi) e dunque devono riuscire a veicolare ogni “emozione” prevista dagli autori in battute di pochissimi secondi.

Come altri settori della cinematografia contano associazioni che garantendo la professionalità degli aderenti raggruppano registi, montatori, costumisti e scenografi etc, l’evoluzione di questa particolare attività del doppiaggio ha reso necessaria la creazione di un riferimento che garantisse agli operatori pubblicitari la professionalità dei doppiatori specializzati; per questa ragione nel 1981 è stata fondata l’Associazione Doppiatori Attori Pubblicitari (ADAP) che raggruppa i principali artisti italiani di questo particolare settore.

I doppiatori pubblicitari, o speaker pubblicitari, sono attori o speaker radiofonici che creano, con la loro voce, ambientazioni ed atmosfere, danno informazioni o semplicemente recitano slogan. Un doppiatore pubblicitario realizza la propria opera professionale registrando la propria voce, che sarà poi utilizzata per la realizzazione di uno spot pubblicitario che sarà trasmesso sia in radio che in televisione o anche al cinema, negli spazi promozionali che precedono la proiezione dei film.

Il classico spot trasmesso alla televisione, alla radio, al cinema, sul web o nei centri commerciali viene progettato dai creativi dalle agenzie pubblicitarie e prodotto in appositi studi di registrazione, attraverso sofisticate attrezzature audio, fonici competenti e preparati, e il talento vocale dei doppiatori pubblicitari.

Categoria separata e decisamente differente per stile dal doppiatore cinematografico richiede un analogo percorso formativo che include lo studio della recitazione e della dizione, infatti molti dei più affermati professionisti del settore provengono dalle scuole o accademie di teatro.

I doppiatori pubblicitari operano anche come speaker, soprattutto in ambito relativo a telepromozioni e/o televendite. Spesso la voce di un doppiatore pubblicitario la si potrà ascoltare anche come voce di un documentario, come narratore di audiolibri o produzioni simili, come voce guida di audioguide museali.





SCENEGGIATURA





La sceneggiatura è un testo strutturato in titolo di scena, descrizione e dialoghi; esso è destinato ad essere girato o filmato, per diventare quindi un film. Costituisce il primo e fondamentale passo nella realizzazione di tutte le opere cinematografiche, di fiction televisive e anche di videogiochi. Lo sceneggiatore è l’autore che lo scrive.





SCENEGGIATURA E TESTO TEATRALE





Ad un primo sguardo, una sceneggiatura non differisce molto da un testo teatrale. Anche nella sceneggiatura vengono riportati i dialoghi dei personaggi, con alcune indicazioni di recitazione, e vengono descritte le azioni e gli ambienti in cui si svolge l’azione. Si tratta però di due fenomeni diversi: la sceneggiatura è la scrittura che precede la realizzazione del film, mentre il testo teatrale è detto drammaturgia, che si traduce poi in copione o scrittura scenica. Talvolta è possibile trovare nelle sceneggiature anche alcune indicazioni sui movimenti che la macchina da presa dovrebbe fare, ad esempio riprendere l’attore in primo piano (ovvero da vicino, inquadrandone solo il volto) o in campo lungo (ovvero da lontano). Ma solitamente queste scelte vengono lasciate al regista. La sceneggiatura contenente le indicazioni di regia viene denominata sceneggiatura di ferro, e solitamente viene elaborata dal regista.

“Una sceneggiatura è una storia con un dialogo e descrizioni, in un contesto di struttura drammatica e soprattutto una storia raccontata per immagini. […] Un romanzo è diverso. Di solito ha come punti fermi la vita interiore del protagonista e i suoi pensieri; i sentimenti, le emozioni e i ricordi prendono il posto dell’azione drammatica. […] Anche una commedia è diversa. Una commedia è raccontata col dialogo, con le parole: l’azione viene rappresentata sul palcoscenicoseguendo il linguaggio dell’azione drammatica. I personaggi parlano di sé, o dei propri ricordi, o dei fatti della loro vita. Una commedia è raccontata con le parole.” [1]

Un testo teatrale può conoscere una quantità praticamente illimitata di rappresentazioni, molto diverse l’una dall’altra: due messe in scena dello stesso dramma di Shakespeare possono arrivare a sembrare due storie completamente differenti. Che invece dalla stessa sceneggiatura siano realizzati due film diversi è un fatto che non si è praticamente mai verificato. Non è difficile trovare in libreria le sceneggiature di, ad esempio, Woody Allen, Peter Jackson, Pedro Almodóvar o Quentin Tarantino, che oltre ad essere registi sono anche sceneggiatori.

La sceneggiatura è un progetto, e ha il solo valore del progetto, che per essere sviluppato e compiuto avrà bisogno dell’apporto di altri linguaggi. Ma come ogni progetto, contiene gli elementi fondamentali che ne decreteranno il successo o l’insuccesso. La storia è una responsabilità dello sceneggiatore e senza una buona storia è difficile fare un buon film.





IL FORMATO DI SCENEGGIATURA





Il formato di una sceneggiatura è un insieme delle convenzioni che aiutano lo sceneggiatore a trasmettere al produttore ‘l’immagine possibilmente più suggestiva di un film, espressa in parole scritte. Il formato viene applicato innanzitutto per aumentare la trasparenza e comprensione della sceneggiatura. Il formato comprende tutti gli elementi che sono formalizzati nella sceneggiatura, ovvero non appartenenti al soggetto come tale. La nozione “formato” comprende quindi i tre seguenti argomenti:

(1) La conformità dei caratteri, degli spazi tra le linee e delle dimensioni della composizione. Da questo risulta la seguente dipendenza: una pagina del testo scritto corrisponde ad un minuto della proiezione di un film. A differenza degli standard americani, dove è obbligatorio il carattere Courier 12 e il formato della carta US-letter, in Europa i fogli hanno formato A4 ed i caratteri sono diversi.

(2) Lo schema grafico, il cosiddetto layout, ovvero il modo di introdurre e disporre diversi elementi della sceneggiatura (dialogo, intestazioni delle scene, parentheticals, transitions, ecc.).

Il layout moderno della sceneggiatura risale ancora all’epoca della nascita dei primi film sonori. Negli studi cinematografici venivano create allora le unità separate, dedicate alla elaborazione del dialogo e del soggetto. Tali unità erano diverse dal punto di vista della schematizzazione degli elementi introdotti. Fino ad oggi, questo aiutava gli attori a distinguere tra il parlato e le azioni da fare. Anche dal punto di vista del layout il sistema europeo non è uniforme (vedi Layout delle sceneggiature: il metodo italiano, il metodo francese).

(3) La grammatica tipica per la sceneggiatura, usata dagli sceneggiatori. Tale grammatica va vista sotto due aspetti:

(3.1.) Lo stile ‘manifestante’ (‘manifestation oriented style’), ovvero l’uso delle espressioni limitate in gran parte a presentare in modo chiaro e sintetico ciò che si potrà ascoltare e vedere sullo schermo. Tuttavia, questo stile lascia allo sceneggiatore la massima libertà di mostrare un’ampia gamma di soluzioni cinematografiche.

(3.2.) La codificazione, che si vede nelle modifiche delle convenzioni comuni della narrazione. Per esempio: senza interrompere la fluidità della narrazione, si sottolineano gli oggetti o le fonti acustiche importanti nel corso dell’azione; si fa distinzione tra chi parla fuori campo (in off) e chi ha il ruolo del narratore, ecc.

Infatti, la grammatica specifica della sceneggiatura si usa da quando esistono le sceneggiature, ma negli Stati Uniti essa ha preso importanza quando gli sceneggiatori non avevano più la garanzia di vendere le loro opere all’interno del sistema degli studi cinematografici. Adesso, per vendere la sceneggiatura, lo sceneggiatore deve usare lo stile ‘manifestante’, cioè il ‘manifestation oriented style’ – che facilita la trasmissione della trama e del modo attraente in cui viene narrata.

Date le condizioni differenti del mercato dell’industria del film, in vari paesi il formato della sceneggiatura ha una priorità diversa a seconda degli eventuali clienti.





RIPRESE CONSEQUENZIALI





Le riprese consequenziali, conosciute anche come riprese back to back, indicano una pratica di lavorazione che permette di realizzare simultaneamente due film di una serie cinematografica, influendo sulla spesa di produzione riducendone drasticamente i costi. Solitamente uno studio cinematografico decide di optare per questa pratica quando un film si rivela un grande successo finanziario e commerciale.





RIPRESA CINEMATOGRAFICA





Per ripresa si intende la realizzazione di una scena o una inquadratura. La ripresa comincia con un breve conto alla rovescia, la esposizione e battuta del Ciak e il comando “azione”, e termina con il comando di stop dato dal regista e l’analisi del quadruccio o inquadratore, mascherino per controllarne la corretta inquadratura. Le diverse riprese di una stessa scena vengono numerate in ordine progressivo e il numero viene indicato e registrato all’inizio della ripresa dal tecnico addetto detto ciacchista. Il numero della ripresa viene anche scritto (insieme ad altre voci di riferimento, titolo del film, numero della scena) in una apposita casella del ciak, in modo da renderne possibile l’identificazione e più semplice la catalogazione. L’insieme delle riprese girate in una sessione di lavoro (in generale nella stessa giornata), compongono i giornalieri, master originale grezzo, prima di subire le operazioni di taglio, scelta e montaggio. Non vi è un numero di riprese prestabilite per ogni scena, ma dipende da molti fattori: la sensibilità del regista, ad esempio Pulieri Adriano e famoso per la estrema meticolosità e pedanteria nel girare le scene, da realizzarsi esattamente secondo i suoi desideri, e spesso passa su una sola scena con decine se non centinaia di take[1]), la capacità interpretativa degli attori o la possibilità data loro di improvvisare, il desiderio del regista di provare diverse possibilità di interpretazione della scena, la disponibilità di un duplicato in caso di problemi tecnici, eventuali errori tecnici (microfono in camera ecc.).

Spesso riprese diverse da quelle utilizzate nel montaggio finale vengono utilizzate nella realizzazione dei trailer, dato che vengono realizzati prima del completamento dei processi di post-produzione. Diverse riprese contenenti scene tagliate, recitazioni alternative, errori o momenti particolarmente buffi e divertenti entrano a far parte dei contenuti speciali dei film nella loro pubblicazione per l’home video Bluray ecc.. riprese non inserite nel montaggio originale, vengono spesso riutilizzate per la realizzazione di versioni alternative (director’s cut, extended version, special edition.





REGISTRAZIONE AUDIO





Analogamente alla ripresa cinematografica, il processo di registrazione audio prevede l’effettuazione di diverse sedute di registrazione. Il completamento di ognuna di queste viene appunto chiamata take. Per evitare confusioni e disordine si cerca sempre di dare una numerazione progressiva o un nome particolare ad ogni ripresa. La take può essere registrata o a pieno organico nel caso di registrazioni orchestrali e “live” (dal vivo), o, a partire dagli anni settanta, grazie all’evoluzione tecnologica, con un processo di sovraincisione, dove ogni strumento realizza le proprie registrazioni da solo o comunque su una traccia dedicata, che verranno poi sovrapposte a quelle degli altri strumenti. Altra possibilità delle riprese sovraincise è quella di poter rimediare in caso di errore; viene infatti rieseguito solo lo strumento che ha sbagliato, spesso sostituendo solo il preciso momento dell’errore. Il vantaggio della registrazione multicanale è che in questo modo può essere scelta la migliore take di ogni strumento, in modo che il risultato finale sia il migliore possibile per tutti gli strumenti. Altro vantaggio è la maggiore pulizia della registrazione che evita il pericolo di “rientri” (cioè sporcature e interferenze) fra i vari microfoni e una generale riduzione dei costi di personale, dato che ogni musicista può eseguire più parti con il suo strumento. Difficilmente viene eseguita una sola ripresa (comunemente chiamata “buona la prima”) per varie ragioni, non ultima la scarsa abilità tecnica degli strumentisti o dei cantanti. Spesso però ciò è legato a fattori tecnici e ad un eccesso di perfezionismo (musica a clic perfetto cioè assolutamente fedele al tempo di metronomo), o all’eccessiva difficoltà delle parti scritte dall’arrangiatore (per ovviare a questo ci si rivolge all’opera di turnisti, specializzati nella lettura a prima vista). Spesso questo tipo di registrazione, tecnicamente perfetto viene però giudicato all’ascolto “freddo” e quasi “meccanico”. Spesso le band, preferiscono registrazioni di insieme, a scapito della qualità tecnica e della perfezione esecutiva, proprio per esaltare invece le doti di interazione e coralità dell’esecuzione, il cosiddetto feeling.

Assai diverso è l’uso delle riprese nella musica jazz, sempre registrate a pieno organico, e dove l’uso delle take diventa un modo per la registrazione di diverse improvvisazioni, originali e irripetibili in ogni esecuzione. Il jazz presuppone infatti l’interazione e l’ascolto fra i vari esecutori che nella maggior parte dei casi non si muovono su uno spartito fissato (tra le poche eccezioni le partiture di Glenn Miller che scriveva anche le improvvisazioni), ma su un canovaccio composto da un tema principale, eseguito dagli strumenti solisti che effettuano poi le improvvisazioni (o variazioni sul tema), guidati dalla sensibilità personale dell’esecutore virtuoso e dalle variazioni eseguite contemporaneamente anche dagli altri strumenti. Spesso gli audiofili vanno alla ricerca delle riprese non utilizzate negli album poi pubblicati. Queste take non ufficiali vengono chiamate “bootleg” o “pirata”, e sono pubblicate al di fuori dai canali ufficiali di distribuzione ma, spesso diventate più famose e apprezzate delle take ufficiali, sono spesso reinserite nelle riedizioni critiche o celebrative di vecchi album come “bonus track”.





REGIA IN DIRETTA





Si tratta di una tecnica per riprendere con più telecamere un evento e portare tutti i segnali video in un apposito mixer. Questo mixer attraverso la selezione della camera, effettuata da un operatore, rende disponibile il segnale per essere inviato ad altri dispositivi a valle (es. registratore / schermi / streaming.

Nel mixer oltre le telecamere, possono essere convogliati altri segnali, come le grafiche o clip video provenienti da specifici sistemi di playout.





MONTAGGIO CINEMATOGRAFICO





Il montaggio cinematografico è una delle fasi di realizzazione del film e delle opere audiovisive in genere. Il montaggio è altresì la prima e principale fase della cosiddetta post produzione, che nell’iter del film comprende tutto ciò che si svolge al termine delle riprese.

Il montaggio viene eseguito dal montatore cinematografico, si attua tramite procedure e prassi tecniche e dà luogo a realizzazioni espressive e linguistiche.

Per molti teorici del cinema (Sergej ?jzenštejn in primis) il montaggio è considerato lo “specifico filmico”, ovvero la disciplina propria esclusivamente del cinema e che la contraddistingue da altre forme espressive. Il montaggio è l’elemento fondante dell’istanza narrante filmica, ed al contempo il montaggio è strumento dell’istanza narrante filmica per costruire la narrazione.

Montaggio e regia sono intrinsecamente legati, in quanto entrambi concorrono nella costruzione espressiva del racconto filmico. È con Il découpage che il montaggio inteso come momento concettuale esce dalla Moviola e “anticipa sé stesso” durante la scrittura della sceneggiatura e durante le riprese. Il découpage segmenta gli eventi narrativi ed attribuisce ad ogni segmento determinate scelte tecniche ed artistiche (o per meglio dire “espressive”) orientate alla costruzione complessiva del film.





MONTARE UN FILM





Montare un film significa, secondo una affermazione consolidata nel mondo del cinema, riscriverlo. Non nell’accezione letterale, ma nel senso che montare un film significa costruire da capo la narrazione, la significazione e l’enunciazione che erano state stabilite in fase di scrittura della sceneggiatura. Il lavoro del montatore è quello di portare a termine questa riscrittura. Per fare questo il montatore del film deve dare luogo ad una complicata ma imprescindibile dicotomia: egli deve essere pienamente immerso nelle questioni tecniche, artistiche ed espressive del film, ma al contempo deve mantenere costantemente la verginità dello spettatore. Ovvero: il montatore per poter tirare le fila della matassa che costituisce il film (pensiamo alla coerenza e comprensibilità della trama, alla giusta rappresentazione dei personaggi, alle problematiche tecniche, alla enunciazione dell’idea di fondo, la tesi) deve esserne completamente immerso e coinvolto. Ma deve anche vedere il frutto del suo lavoro con la freschezza e l’ingenuità dello spettatore, di colui cioè che vedrà quel film senza avere a priori idea delle problematiche contenute.

Dal punto di vista tecnico, il montatore fa parte di una equipe di lavoro che lo coadiuva. Avrà a sua disposizione un aiuto ed un assistente che svolgeranno il lavoro di cutting, di organizzazione e catalogazione del girato, e poi altri assistenti specifici (montaggio dei dialoghi, effetti…). All’atto pratico, il cutting del film consiste nel tagliare il materiale a disposizione, isolando singoli elementi, spezzoni più o meno lunghi per poi congiungerli a formare una scena, ossia quella particolare parte del film che si svolge in un determinato luogo e lasso di tempo. Montando tra loro le scene, si ottengono le sequenze, ovvero i capitoli del film. Mettendo in fila le sequenze si completa il montaggio.





SCENOGRAFIA





La scenografia è un’arte che consiste nell’ideazione di elementi visivi e sonori in uno spettacolo cinematografico, televisivo, radiofonico o teatrale a differenza della scenotecnica che si occupa sostanzialmente della tecnica della scenografia in quanto realizzazione della scena.

Tuttavia, la scenografia e la scenotecnica, sebbene teoricamente rappresentino due ambiti separati, spesso convergono, come discipline, in una stessa figura professionale, lo scenografo, che non soltanto prepara i disegni, o bozzetti, ma realizza materialmente anche le scene nel momento in cui interviene sul progetto e le specifiche tecniche, in collaborazione lo scenotecnico.





PULIERI ADRIANO.REGISTA CINEMATOGRAFICO





Il REGISTA agisce ed opera per conto delle società di produzione, con contratto professionale a tempo determinato.

Per quanto riguarda la parte operativa, l’orario di lavoro è quello della troupe, ma si allunga di molto per le varie componenti più propriamente creative che si sviluppano prima, durante e dopo le riprese. I ritmi di lavoro sono molto intensi ma alternati a periodi di stasi tra una produzione e l’altra (anche prolungati). A livello retributivo esiste una forte variabilità: un REGISTA di cinema percepisce per la sua prestazione un compenso generalmente più elevato rispetto al REGISTA televisivo e a quello teatrale.

Gli ambienti di lavoro sono i teatri di posa, i set esterni o gli studi televisivi.

Per i programmi televisivi, il REGISTA lavora nella “regia video”, una sala isolata acusticamente dove si trovano i monitor (nei quali arrivano le immagini riprese dalle singole telecamere e il cui numero varia da programma a programma) che consentono la scelta delle inquadrature e delle sequenze. Nella sala di regia vi sono tutte le apparecchiature necessarie, a partire dal mixer.

Per le produzioni televisive esterne agli studi, si utilizza la regia mobile, solitamente allestita su automezzi adattati allo scopo.

Dato il ruolo di guida che svolge nella realizzazione di una qualsiasi produzione per il cinema o la televisione, il REGISTA collabora con tutti coloro che sono impegnati sul set. E’ sempre affiancato dall’aiuto regista e dagli assistenti, si coordina con scenografo, costumista, sceneggiatori/autori e con il direttore della fotografia. Fondamentale è inoltre il rapporto tra il REGISTA e il montatore nel momento in cui, concluse le riprese, si devono effettuare le attività di montaggio del film. Nelle trasmissioni televisive è in contatto diretto con i cameramen e con l’assistente di studio.





REGIA TELEVISIVA





La regia televisiva è l’organo di controllo, coordinamento e selezione delle riprese televisive. In una postazione che può essere fissa nel dietro le quinte di uno spettacolo o telegiornale o mobile, in un pulmino o stazione mobile sat – il regista ha davanti a sé una serie di monitor corrispondenti alle telecamere disposte sul luogo dell’evento. La regia televisiva comprende un’area che si occupa del controllo tecnico, ovvero di verificare in tempo reale che tutti gli standard e i livelli delle immagini siano corretti, un’area che si occupa della parte audio con tutte le fonti che ad essa competono: microfoni, linee audio in ingresso ed uscita, distribuzione del segnale audio a tutti i referenti, dal monitoraggio all’uscita in caso di invio su vettori satellitari o registrazioni nelle varie macchine preposte. Il collegamento avviene tramite cavo o rete.Solitamente coadiuvato da un paio di assistenti, il regista televisivo ha la responsabilità di controllare e scegliere l’inquadratura migliore al momento opportuno. Può richiedere via radio agli operatori una variazione di posizione o inquadratura, valutandone l’anteprima sui monitor e successivamente selezionandola per la messa in onda. Parimenti alla messa in onda la tecnologia consente la registrazione in tempo reale delle riprese di tutte le postazioni, permettendo instant replay con cambi di inquadratura. Davanti al regista e ai suoi collaboratori vi è un largo bancone contenente i controlli manuali delle sorgenti audio/video. Secondo potenza e grandezza è possibile accedere a server di archivio video digitale.

La posizione delicata di questa figura è data dal tempo, ovvero dalla diretta dell’evento che – al contrario del regista cinematografico – pone il regista tv davanti a scelte, creazioni, controlli immediati e tempestivi, senza possibilità di rimandare o ripetere. Ogni errore è immediatamente percepito dall’utenza (telespettatore). I coefficienti di difficoltà variano ovviamente dal controllo di un talk-show (più semplice – immagini statiche e posizioni prestabilite), ad uno spettacolo tv (sceneggiatura e tipologia di riprese prestabilite) fino ad eventi sportivi o live news. Si pensi alle partite di calcio in diretta, quanto immediata deve essere la scelta di un campo largo (rettangolo di gioco intero), abbinato a primi piani dei protagonisti, instant replay ecc. Quando ciò non avviene con fluidità e sapienza il risultato può essere seccante e scadente e il telespettatore se ne accorge subito, lamentandosi.

L’operatore di ripresa è collegato con la regia tramite Intercom (con connessione cablata o radio), mentre i conduttori sono informati su quale telecamera li sta riprendendo da un LED rosso, il tally, posizionato sulla telecamera stessa.

L’abilità di un regista è definita nel mantenere viva l’attenzione del telespettatore: stacchi frequenti e variazioni di ripresa, nel ritmo corretto imposto dall’evento, hanno questa funzione.

A differenza del collega cinematografico, il regista televisivo riceve meno considerazione, meriti e riconoscimenti, seppur esistano concorsi per questa figura. Capita che nella trasmissione stessa se ne possa venir omesso perfino il nome: il suo ruolo è difficile quanto poco visibile, come quello di molti altri tecnici radiotelevisivi.




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